OUTSIDERS


--Massimo Ricci, ASCOLTI PROFONDI (numero nove, Primavera/Estate 1997)


"Si fa presto a parlare di artista, a questo mondo. Basta essere un qualsiasi eccentrico, un imbonitore di note a caso, un riciclatore di idee altrui, un carrierista improvvisamente morso dalla tarantola artistica... ne abbiamo a iosa, se ne conoscono ogni giorni di nuovi. In un panorama del genere, un artista vero come John Duncan vive a certi livelli, quasi come uno sconosciuto per chi e' abituato a comprare dischi sulla base dei 'consigli per gli acquisti'. Duncan e' vero perche' tutto cio' che fa e' concretamente diretto al fondo dell'anima: e' un performer di eventi quanto piu' particolari possibile, crea ambienti ed installazioni, dirige films. E pubblica musica importante, molto piu' bella e sconvolgente della molta immondizia che il campo dell'avanguardia postindustriale propina ai suoi frequentatori. Di Duncan hanno un'ottima opinione i grandi: Jim O'Rourke ha citato alcuni suoi dischi tra gli ascolti preferiti in assoluto. Un'opera come CONTACT, realizzata con Andrew McKenzie, e' uno dei piu' bei collages elettroacustici mai composti eppure molti non sanno nemmeno che esista. Qui si parla dunque di un artista che ha realmente dedicato la sua vita alla creativita', allo studio e al continuo evolvere, sia artisticamente che umanamente. Duncan, curiosamente, vive in Italia: ha i suoi motivi, come spiega nell'intervista, ma non posso fare a meno di pensare alla stranezza della situazione; una terra che, in quanto a evoluzione, e' senz'altro tra le ultime al mondo ospita un personaggio che con la propria ricerca ha aperto strade delle quali molti non si sono ancora accorti. Questo articolo e' un mio personale omaggio ad uno dei musicisti che ammiro di piu' e vuole tentare di incuriosire chi ancora non conosce John.


Performance, Video e Films
"John Duncan e' nato a Wichita, Kansas, nel 1953, e ha studiato nel 1973 presso il California Institute of the Arts con Allan Kaprow. La sua prima opera e' datata 1974 e si chiama SUICIDE BOOK, performance in forma foto-narrativa per camera a 35mm. Il 1976 si ricorda per SCARE, in cui ignari partecipanti vengono sorpresi di notte, a casa loro, e spaventati a morte con una pistola scarica!
Dal 1976 al 1979 l'attivita' di Duncan si rivolge alle performances nelle radio FM; le piu' importante sono NO, STATION EVENT e , mentre in video John crea OUT e HUMAN CHOIR, destinati rispettivamente ad un museo dell'arte a a spot televisi sperimentali. Negli anni 80 cresce l'attivita': BLIND DATE e' descritto come 'registrazione di una sessione privata con un cadavere suonato per il pubblico e di una vasectomia' al centro di controllo delle nascite di Los Angeles (!). John si esibisce in concerto a Tokyo nel 1982 e nel 1984 e, sempre in Giappone, dirige nei due anni successivi le JOHN SEE SERIES, ovvero un nucleo di film hard-core da lui ideati. Del 1986 e' anche l'installazione video CAST. Altra tappa fondamentale, dal 1986 al 1988, e' TVC 1: tramite un set portatile di videotrasmissione, Duncan effettua pirateria televisiva sfruttando le onde della rete nazionale NHK-1 giapponese!
Dal 1988 al 1991 ci sono altri concerti, i video ANTHEM, TRIGGER, e una retrospettiva personale al festival Ars Electronica. Il 1992 si ricorda per KICK/THE IMMENSE ROOM, miscellanea di performance e proiezioni mostrata a Berlino e replicata in Giappone e Olanda l'anno successivo. Ad Amsterdam, inoltre, Duncan presenta THE RUUD E. MEMORIAL CHOIR, concerto/performance per coro a 30 voci. Il 1994 porta l'evento GATE, presentato presso l'altare di una chiesa di Berlino. Negli ultimi 3 anni fino ad oggi, escono nuovi video quali TVC 1 e la raccolta TRIGGER - BRUTAL BIRTHDAY - ANTHEM, il tutto per la AQM di Amsterdam. Ed infine: KICK, performance su un tavolo autoptico del XVII secolo, eseguita nel 1996 al Museo di Anatomica Patologica di Vienna; PROBE, concerto eseguito in Germania.
Come si puo' vedere, un artista che non conosce soste...

Installazioni ed Eventi
"Del 1976 e' BUS RIDE, manipolazione subliminale di ignari viaggiatori di autobus di Los Angeles. Il 1978 e' l'anno di DESERT LANDMARK, SUCCULENT MAZE, labirinto di Joshua Trees nel deserto del Mojave; EVERY WOMAN, in cui Duncan rischia il pestaggio facendo l'autostop a Los Angeles vestito da transessuale; THE SECRET FILM, in cui un film viene proiettato privatamente ad 8 anonimi spettatori e poi bruciato! FOR WOMEN ONLY e' un collage di film pornografici per un pubblico di sole donne: John e' in una stanza attigua alla sala, disponibile in seguito per placare l'eccitazione della spettatrici... Il periodo 1980 - 1984 porta THE BLACK ROOM e THE DREAM ROOM, installazioni di suono, testo e dipinti, insieme a HAPPY HOMES (una radiotrasmissione) e MOVE FORWARD (evento per film, suono e sovraccarico/privazione sensoriale). A Tokyo, nel 1985, una serie di immagini in formato A2 tappezza i bagni pubblici della citta' in THE TOILET EXHIBITION. Un salto di 8 anni per descrivere le due ultime installazioni: STRESS CHAMBER (1993), allestita in un container di trasporto, per participanti singoli, e MAZE (1994), evento notturno per 7 persone (Duncan incluso) rinchiuse nude e completamente bendate in una cella per pazienti mentalmente disturbati. STRESS CHAMBER e MAZE sono stati replicati a piu' riprese fino al 1996.

Musica
"'La mia musica non e' fatta per essere descritta', afferma Duncan. Sono sempre stato colpito dalle particolare soluzioni che l'artista adotta in ognuno dei suoi dischi: almeno 3 di essi sono veri caposaldi nel campo dell'elettroacustica e meritano un'attenta considerazione da parte degli appassionati. Duncan e' in grado di massiggiare i nervi ma allo stesso tempo di scuoterli: non e' raro che l'immersione in una lunga serie di drones elettronici sia bruscamente interrotta da una scarica di rumore o addirittura da un urlo. La dinamica delle composizioni del nostro e' variabile; l'ascolto in cuffia e' raccomandato se l'ambiente in cui vi trovate non e' perfettamente silenzioso, pena la perdita delle sottigliezze quasi subliminali che spesso constituiscono la parte piu' impressionante delle composizioni. Dunque e' vero: non e' industriale, ne dark electronics, nulla di tutto questo. John Duncan prende il suono che lo attira e lo plasma secondo la sua volonta', renderndoci partecipi di un'esperienza irrepetibile, a volte durissima, a volte indimenticabile, me che mai puo' lasciare indifferente. Tuttavia, la sonorita' di un disco dell'americano si capta al volo; in questo senso, esiste un stilo che, approfondendo la conoscenza del musicista, si afferma nettamente.









HIJOKAIDAN - JOHN DUNCAN - C.C.C.C.


Bologna, Link, 29/5/97

Finalmente anche in Italia l'occasione di ascoltare esponenti dell'ultra-noise giapponese con un mini-tour che ha toccato Bologna e Venezia. Un po' deludente per la verita' il breve inizio con gli Hijokaidan, gli autentici iniziatori (dal '79) del movimento e protagonisti di performance entrate nella leggenda ma qui, con solo la vocina straziante della moglie Junko e la chitarra pur ipersatura di Jojo Hiroshige, privi della potenza di suono abituale. Un bell'intermezzo (non annunciato nei manifesti, e nel buio totale) e' stato fornito da John Duncan (che giapponese ovviamente non e', anche se ha vissuto li' a lungo), con una mezz'ora di magistrale trattamento di fasce rumoristiche e incrociarsi di frequenze dall'effetto quasi laMonteYounghiano, arricchito da oscure pulsazioni in sottofondo e da occasionali campionamenti piu' "concreti". Poco poteva comunque preparare all'assalto sonico che sarebbe seguito ad opera dei C.C.C.C. con soltano un moog (preso a manate da Hiroshi Hasegawa), una lastra di metallo amplificata e le folate di ghiaccio del Theremin di Mayuko Hino. Devastante anche il bis finale, per il quale si sono uniti Duncan e gli Hijokaidan. Cio' che in effetti impressiona in questi gruppi (e nei loro colleghi), non sono ne' gli elementi di partenza ne' (in teoria) il modo di elaborarli, ma la determinazione con cui sono capaci di portare fino in fondo i propri assunti, proponendo esperienze d'ascolto non soltano estreme fino alla catarsi, ma che continuano miracolosamente a rimanere nuove nonostante (per i veterani tra loro) i tre lustri e piu' trascorsi e l'esiguita' dei materiali usati.














THERE MUST BE A WAY ACROSS THIS RIVER... a Valentine's Day dedication


JOHN DUNCAN
Bologna, Sant'Andrea degli Amplificatori, 14 febbraio 2009

È un insolito San Valentino, questo, per Sant'Andrea degli Amplificatori, che per l'occasione si fregia della presenza di un maestro dell'avanguardia statiunitense come John Duncan. La sua esibizione si chiama "There must be a way across this river, a Valentine's Day dedication", come a dirci, forse, che c'è un modo per uscire dal tunnel, c'è un modo di superare i nostri personali demoni. Un 'viaggio al termine della notte' che si delinea per mezzo di un tape-recorder Revox piazzato vicino al muro del finto palco che funziona meccanicamente per mezzo di nastri che percorsono lungo il basso soffito e generano un sibilo acuto e sottile a mo' di spina dorsale della sintetica esecuzione dedicata alla festa degli innamorati. Le frase si ripetono ora lente ora più teatrali, cambia l'atmosfera mente si avverte una strana sensazione di glaciale cristallizzazione che lascia stupito ed attonito il pubblico. "A corridor leads to a descending ramp, to a larger chamber, to another corridor, always sloping downward. The temperature grows colder as we descend, moving deeper underground. The cold becomes unbearable...", recita Duncan come a ribadire la presenza degli spiriti ancestrali di una lontana tribù che aleggia sopra i nostri corpi infreddoliti -- e non a caso prima di iniziare il set ci aveva chiesto se eravamo muniti di giacche per proteggerci dal freddo che sarebbe inevitabilmente arrivato. Un 'doppio sogno' che ci avvolge e ci inquieta ma che siamo felici di aver provato quasi sognando a occhi aperti. Prendiamo a prestito una frase di Edoardo Bruno, che ama ripetere: "quando si va al cinema non si vede quel che si vede, ma si vede quel che si sogna..." Ebbene, noi questa notte abbiamo sognato quello che abbiamo ascoltato in un sonno simulato durato appena mezz'ora ma dall'intensità e dal rapimento che non capitano spesso.
--Maurizio Inchingoli, Blow Up (numero 131, Aprile 2009)









THE ERROR

limited-edition book e DVD video incluso in Dialogue 1 a Galleria Enrico Fornello, Prato.

Gli stessi lacerti visuali e testuali di The Error di John Duncan -- che paiono voler contenere nel duplice dispositivo del video e del libro i labirintici slittamenti di senso scaturiti dall'enigmatica fusione di immagini geologiche e pornografiche, trascrizioni di sogni e citazioni scientifiche -- finiscono per far implodere dall'interno la struttura del loro stesso veicolo. Fertilmente tramate dal fantasma della loro impossibilità, le opere esposte, come smithsoniane "rovine all'inverso", sperimentando l'impraticabilità di ogni totalizzazione del senso, per farsi rivelazione di ciò che ogni "rivelazione distrugge".
--Saretto Cincinelli, Flash Art